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ROSARIO PROCINO E PASQUALE COZZOLINO PRESENTANO RIBALTA, LA LORO NUOVA PIZZERIA A NEW YORK



Hanno lasciato senza parole Matteo Renzi in visita a New York lo scorso settembre: il premier, in quella occasione, dopo aver ordinato una pizza ai pomodorini ciliegini, ha commentato con stupore che era una pizza italiana al 100 per cento. Lo sanno anche gli americani di Time Out New York che l'hanno premiata come la pizza migliore nella Grande Mela. E lo sa anche il NY Magazine che ha deciso che la loro pasta al pomodoro è la più fedele all’originale. Di che pizza parliamo? Di quella che si può trovare da Ribalta.

Da due anni Rosario Procino e Pasquale Cozzolino, napoletani doc hanno trasformato un locale in un’ambasciata del Made in Italy a New York. Anzi del Made in Naples. Al punto che Ribalta, non solo è diventato un must go per gli italiani oltreoceano e per i vip di passaggio a New York ma è anche la sede del Napoli Club. Il Sud e Napoli hanno dato un imprinting molto forte al modo in cui Rosario e Pasquale hanno voluto questo posto. Non un semplice ristorante o una pizzeria ma un luogo di ritrovo per amici dove bere e chiacchierare. Da Ribalta, si tengono anche incontri culturali, si presentano libri e ci si ritrova, come una volta, al bar. Un concetto che comincia a piacere anche agli americani. In due anni Ribalta ha raddoppiato anzi triplicato: una nuova apertura ad Atlanta e una a Chelsea, sempre a Manhattan. Il successo sta nell’autenticità del Made in Italy e nella genuinità e freschezza degli ingredienti. E nel menu, che parla del Sud e del Mediterraneo.

Tutto comincia con l’avventura oltreoceano di Rosario Procino, ingegnere di telecomunicazioni con un passato a Telecom e all’Accademia Barilla. Da quest’ultima esperienza capisce che il cibo era il suo destino, oltre che la sua passione e apre Kesté, conosciuta come la prima pizzeria Made in Italy a NY, apripista della migliore tradizione napoletana. Pasquale Cozzolino si è invece formato come chef e pizzaiolo, nei ristoranti italiani e in giro per il Bel paese a servizio di una società di catering che curava la ristorazione per i cantanti italiani e internazionali in tour. Prende al volo l’opportunità di volare negli Stati Uniti e sposa senza riserve il progetto di Rosario. Ed è subito successo.

“Il successo sta nel fatto che il ristorante non è visto solo come un luogo dove mangiare bene e gustare autentico cibo italiano, ma un posto che abbia atmosfere italiane. Qui si può guardare una partita di calcio mentre si chiacchiera e si beve un buon vino”. Spiega Rosario. “Noi non facciamo semplicemente cibo ma parliamo di cibo italiano e della sua storia. C’è un’atmosfera rilassante, allegra, familiare. Per questo gli italiani si sentono a casa e gli americani pure”. Ma se la ristorazione italiana sta vivendo un momento d’oro in America, non è tutto oro quello che luccica. “In America c’è voglia di Italia e moltissima curiosità. E il cibo è un veicolo giusto per far conoscere il nostro patrimonio gastronomico. Detto questo non è tutto facile. Solo un ristorante su cinque supera i primi due anni. New York è cara, competitiva. Bisogna arrivare con le idee chiare prima degli altri; bisogna lavorare molto, essere creativi. Indubbiamente delle differenze con l'Italia esistono: la burocrazia è più snella e in America, a rendere tutto più facile, è la mentalità imprenditoriale e culturale. Qui ti ascoltano, sono aperti, le dinamiche sono più snelle, le cose accadono. Tutti hanno una possibilità. Questo invece non accade in Italia”.

Chi va da Ribalta non va solo per gustare la loro pizza, rigorosamente napoletana ma anche la parmigiana e il polipetto alla Luciana. Ma cosa fa di Ribalta un locale diverso dagli altri ristoranti italiani nella Grande Mela? Secondo Pasquale Cozzolino, il segreto sta negli ingredienti naturali e italiani. “La preparazione della pizza segue la vera ricetta napoletana, con la lievitazione naturale di 36 ore. C’è un’anima del Sud nei miei piatti, nel vino. Sono piatti semplici, autentici. Sono stati i nostri clienti a far diventare Ribalta un punto di incontro e un locale diverso dagli altri. Ci hanno dato i giusti input, la giusta energia. Gli italiani si sentono a casa anche perché ne riconoscono i profumi e gli americani apprezzano e imparano. Insegniamo loro il buon cibo italiano, quello vero. Molti ancora si sono fermati alla cucina italo-americana, cibo da rispettare ma che in Italia non esiste. Gli spieghiamo che da noi le fettuccine alfredo e la chicken parmigiana non ci sono. Loro sono curiosi, sono aperti”. Lavorare a New York per Pasquale ha significato velocizzare il ritmo: “I ritmi sono velocissimi. Gli americani non amano aspettare un piatto”.

Ma la cucina italiana può mantenere la sua autenticità se in mano ad uno chef americano? “Certo, non è una questione di etnia ma di gusto. Lo chef però si deve formare in Italia almeno per tre anni. Meglio se passa da Napoli.” Per Napoli si percepisce una vera nostalgia: “Di Napoli sentiamo la mancanza del profumo del mare e del pesce fresco, ma ciò non ci impedisce di guardare a un futuro sempre qui a New York”. Progetti futuri? “Aprire una pasticceria napoletana e siciliana a New York”.

Fonte: gamberorosso.it








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