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FORNI E MULINI SOLO PER I SIGNORI

Con la caduta dell'Impero Romano la cultura del pane e dei panifici viene dispersa; i contatti con le popolazioni barbare, nomadi e guerriere non portarono alcuna novità, anzi impoverirono la tradizione gastronomica romana. L'utilizzo del pane ha sempre permesso di distinguere, nell'antichità, i barbari dai civilizzati: i primi mangiavano poltiglia preparata grossolanamente a partire dai cereali selvatici, i secondi coltivavano il grano e sapevano fabbricare il pane.

Nel Medioevo il pane era si importante, ma il fulcro nutritivo era costituito dalla carne: se ne mangiava in proporzione più che nell'epoca moderna, circa 100 chilogrammi pro capite all'anno. Nel periodo feudale il pane di farina di frumento era esclusiva dei Signori; la popolazione in questi periodi di crisi non si poteva permettere di utilizzare il frumento riscoprendo così altri cereali come l'orzo, il farro, la segale ecc. Nel regime alimentare delle classi meno abbienti i pani "poveri" di colore scuro, le focacce mal lievitate e le polente di miglio o d'avena avevano un'importanza decisiva, perchè erano cibi di riempimento che riuscivano ad allontanare lo spettro e la sensazione della fame, fornendo il maggior apporto calorico assieme ad altri farinacei, come le leguminose (fagioli, fave, ceci, piselli), le castagne (nelle zone di montagna) o, nei periodi di maggior carestia, le ghiande.

Nonostante il pane di frumento venisse consumato solamente dai nobili e dai ricchi - in altre parole da coloro che basavano sulla carne la loro alimentazione - le ricette si arricchirono con l'aggiunta di ingredienti sempre più sofisticati come acciughe, formaggio ed erbe aromatiche. In epoca feudale panettiere di una certa importanza continuarono a esistere presso i conventi, ma mulini e forni furono di uso esclusivo dei singoli Signori che, per rafforzare il loro potere, li gestivano in regime di esclusiva impedendo ai sudditi di costruirne altri a uso personale. Nei mulini, quindi, ognuno portava, dopo aver opportunamente pagato il proprio debito al signore, il proprio cereale e con la propria farina impastava il proprio pane. Affinchè a ognuno venisse ridato il proprio pane, ciascun pastone veniva marchiato prima di essere infornato; il pane, cuocendo, conservava tale marchio ed era facilmente identificabile: è in questo periodo che nasce la superstizione del pane sempre rivolto verso l'alto, mai posto sul tavolo capovolto. Infatti il pane di coloro che non erano ammessi nella comunità, quello dei ladri o dei fuorilegge, veniva sfornato capovolto ed era credenza che toccare questo pane portasse sfortuna.







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