Forma, colore, gusto: unintensa attività di miglioramento genetico ha moltiplicato negli ultimi anni le tipologie di pomodoro da mensa disponibili sul mercato. Le numerose varietà locali, di cui è ricca la nostra penisola, selezionate da generazioni di orticoltori, hanno infatti l'inconveniente di un tempo di maturazione troppo veloce per poter raggiungere i mercati ortofrutticoli cittadini o la grande distribuzione. Per questo fino a pochi decenni fa le bacche venivano raccolte verdi per poter arrivare sui bancali di vendita ancora in condizioni idonee alla commercializzazione. Una consuetudine che ne penalizzava il sapore. La riscossa del pomodoro è partita con l'introduzione di caratteristiche di prolungata conservabilità, grazie all'affinamento delle tecniche di ibridazione, che ha portato a una più ampia commercializzazione di pomodori rossi, sia a frutto singolo sia a grappolo.
Dopo il colore, il sapore: oggi i migliori produttori di seme di pomodoro possono proporre ibridi chiamati "supergusto", molto più ricchi di sapore rispetto alle tipologie a più lunga conservazione. Ai semplici insalatari si sono via via aggiunte diverse tipologie. Dai tondi rossi, agli ovali, dai Camone ai Marmande, dai Cuore di bue fino ai recenti mini San Marzano. I nuovi ibridi sono spesso dotati di resistenze genetiche: il pomodoro è infatti sensibile agli attacchi di numerosi parassiti, ma l'attenzione della filiera produttiva italiana al tema della sicurezza alimentare impone di limitare al minimo il numero dei trattamenti di difesa. Un obbiettivo che si riesce a raggiungere solo con l'impiego di varietà resistenti, con l'utilizzo degli agrofarmaci più evoluti e con l'adozione di adeguate tecniche di prevenzione agronomica. L'integrazione tra diversi modelli di lotta è diventata oggi una strada obbligata. Una sfida che non può prescindere da adeguati investimenti nella ricerca.