I cereali sono senza dubbio i vegetali più largamente coltivati al mondo: si stima che circa i due terzi della superficie coltivabile sulla terra siano dedicati alla loro produzione. I prodotti della trasformazione dei cereali costituiscono da sempre gli alimenti “di base” per l’uomo. Il termine ”cereale” definisce le piante appartenenti alla famiglia delle Graminaceae, coltivate per i loro particolari frutti, botanicamente definiti “cariossidi”, ma comunemente e impropriamente chiamati semi. La famiglia delle Graminacee comprende circa 9000 specie raggruppate in 650 generi, di cui circa 120 sono presenti in Italia con quasi 450 specie. Vi fanno parte anche diversi generi di cereali, quali: grano, orzo, segale, avena, mais o granoturco, riso, ecc.
Il grano o frumento tenero (Triticum aestivum) dalla cui lavorazione si ottiene la farina viene prodotto per il 45% in Italia e il 55% è importato per il notevole consumo.
Questo tipo di farina, è usata per la preparazione di pane, pizze, focacce, torte, biscotti e dolci lievitati. Dalla macinazione del grano si ottiene circa:
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Farina 75-78%;
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Farinetta e farinaccio 2,5-3%;
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Crusca, cruschello e tritello 20-22%;
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Scarti di pulitura 0,2-2%
La farina derivata da basse estrazioni (grado di abburattamento) proviene principalmente dalla parte centrale del chicco e si contraddistingue a occhio nudo per la sua purezza e candore; è denominata in Italia farina tipo 00. Al contrario, una farina ad alto tasso di estrazione (circa 80%) sarà meno chiara perché contiene anche la farina proveniente dalla parte esterna del chicco (strato aleuronico); in relazione al contenuto in ceneri (minerali) possono essere denominate farina tipo 0, tipo 1 o tipo 2. (DPR 187/2001)
Il primo processo di lavorazione dello stesso è la bagnatura dopo di che inizia lo spoglio del chicco. La cariosside dei cereali è un frutto il cui corpo fruttifero è tutt'uno con il seme, di piccole dimensioni, variabili comunque secondo la specie. La struttura anatomica della cariosside di tutti i cereali è sostanzialmente simile e si riconoscono, infatti, tre regioni principali:
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Tegumenti sia del frutto sia del seme assai ricchi di cellulosa (fibra alimentare).
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Embrione, comunemente definito germe che contiene la maggior parte dei grassi presenti nella cariosside e inoltre è ricco di enzimi e vitamine.
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Endosperma amilaceo o mandorla farinosa costituito da uno strato periferico, strato aleuronico, ricco di proteine ad alto valore biologico, vitamine, sali minerali, lipidi ed enzimi, e l’endosperma amilifero, ricco di amido e proteine.
Ognuna di queste regioni è composta di più strati e possiede un'organizzazione strutturale e una composizione chimica diversa e specifica per meglio rispondere alla propria funzione biologica. L'embrione è in grado di fornire principi nutritivi alla pianta durante la germinazione ed ha quindi elevata presenza in proteine, lipidi, zuccheri solubili e vitamine. L'endosperma rappresenta percentualmente la maggior parte del chicco ed è composto da due regioni, la più esterna delle quali è conosciuta come strato aleuronico; un tessuto assai ricco in proteine, sali minerali, vitamine ed enzimi, mentre la maggior parte dell’endosperma è rappresentata dalla cosiddetta mandorla, o albume, costituita da cellule in cui sono immagazzinati, in forma insolubile, nutrienti importantissimi. Questi nutrienti saranno resi disponibili durante la fase di germinazione del chicco per la sopravvivenza della plantula prima che possa trarre nutrimento dal terreno mediante l’apparato radicale. La frazione glucidica è per la maggior parte rappresentata dall'amido, sotto forma di granuli. Il secondo costituente, in termini percentuali, sono le proteine.
Le proteine dei cereali possono essere classificate in differenti modi, ma il più comune è la classificazione secondo la loro solubilità, peso molecolare e presenza/assenza di zolfo. Si distinguono pertanto in:
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Citoplasmatiche solubili in acqua di cui fanno parte le albumine e le globuline solubili in soluzioni saline neutre. Entrambe sono proteine con funzioni enzimatiche. Le albumine e le globuline sono particolarmente rappresentate nell’embrione e nello strato aleuronico.
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Di riserva formanti il glutine. Di quest’ultima frazione fanno parte: le gliadine singole catene polipeptidiche, solubili in soluzioni alcoliche e responsabili dell’estensibilità e leglutenine diverse catene polipeptidiche collegate da ponti disolfuro, responsabili della tenacità, elasticità e in grado di complessare i lipidi. E’ stato dimostrato quindi che sono proprio le glutenine, in maggior misura, a influenzare le caratteristiche reologiche degli impasti (elasticità ed estensibilità).
Le proprietà reologiche di un impasto sono quindi strettamente dipendenti dalle caratteristiche chimico – fisiche di gliadine e glutenine che in presenza di acqua e di energia si organizzano in un reticolo complesso stabilizzato da legami covalenti di solfuro, di natura secondaria come legami idrogeno e di natura idrofobica: il glutine. In realtà il glutine non esiste come elemento tal quale, bensì rappresenta proprio la massa proteica di consistenza viscoelastica che si forma quando le gliadine, responsabili dell’estensibilità e della viscosità, e le glutenine, responsabili dell’elasticità e della tenacità, interagiscono tra di loro alla presenza di acqua e per azione meccanica. Il glutine fu isolato per la prima volta da uno scienziato italiano, Beccari nel 1728. In realtà la struttura è un pochino più complessa. Il glutine è quindi costituito dalle prolammine (gliadine nel frumento, orzeine nell’orzo esegaline nella segale) e dalle glutenine. A loro volta sia le gliadine sia le gluteninecomprendono numerose strutture proteiche caratterizzate da minime differenze sia nella composizione aminoacidica sia nella struttura, però tali da distinguere gliadine di tipo α, γ e ω.
I sacchi di farina per legge devono consentire la tracciabilità del prodotto, indicando la denominazione del Molino produttore; la data di macinazione o scadenza (9 mesi dalla macinazione);
l'umidità non superiore al 15,5%; il grado di raffinazione; il peso e il lotto.
Le farine utilizzate per la Pizza sono la "00" e la "0" cioè a basso contenuto di ceneri (sali minerali) quindi più idonee per una buona levitazione. L'indice di forza della Farina è indicata con il simbolo "W" il quale è misurato con un strumento chiamato ALVEOGRAFO di CHOPIN, nome del suo inventore ed è funzione della qualità e quantità di proteine presenti.
Il simbolo "W" è sempre accompagnato da un numero il quale indica appunto la forza ossia la capacità di sopportare elevati stress (stressi di impastamento meccanici, fermentazione ecc.):
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W < 180 farine per paste frolle e poco adatte a sopportare fermentazioni;
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W 230-280 impasti a breve lievitazione;
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W 280-330 impasti a lunga levitazione;
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W 330-400 impasti a lunghissima lievitazione;
Molti Molini, oltre alla descrizione del simbolo "W" hanno adottato il sistema dei sacchi con colori diversi, sistema molto diffuso tra i pizzaioli. Per ulteriori informazioni rivolgersi alle Scuole e Accademie presenti sul territorio nella sezione corsi.
Questa pagina è stata creata in collaborazione con la Dott.ssa Simona Lauri, Consulente Tecnico per la panificazione.